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Chimica, Farmaceutica e Plastica: ecco come i big spender dell'energia riducono i costi

Esistono alcuni comparti industriali in Italia che rappresentano un fiore all’occhiello nel mondo: un’industria che registra cifre da capogiro e che si distingue per produzione e innovazione.

Si tratta di chimica, farmaceutica e plastica: tre settori accomunati da lavorazioni simili, che impiegano processi di sintesi chimica per creare nuovi materiali e composti, affini anche per il forte impiego di risorse energetiche richiesto dalla produzione e per la necessità di gestire in modo responsabile i propri impatti ambientali e sociali.

Tutti e tre sono sottoposti a regolamentazioni rigorose riguardanti la sicurezza, l'ambiente e la salute, sono caratterizzati da ingenti investimenti in ricerca e sviluppo per innovare e migliorare i prodotti esistenti, soddisfare le esigenze di mercato e adeguarsi a normative sempre più stringenti.

 

Le sfide dei ‘big spender’ dell’energia

Si tratta di settori energivori, in quanto trasformano la materia per ottenere sostanze e prodotti indispensabili per ogni attività, in cui la spesa energetica rappresenta una voce consistente, da monitorare attentamente. La chimica, ad esempio, è il primo settore industriale per consumo di gas naturale e il secondo, tra i settori energivori, per consumo di energia elettrica; il settore farmaceutico ha visto negli ultimi anni un aumento pari al +30% di costi della produzione (energia, intermedi e altri); e secondo l’ultimo Rapporto Annuale sull’Efficienza Energetica curato dall’Agenzia Nazionale per l'Efficienza Energetica, il settore della gomma e della plastica presenta una percentuale di imprese energivore pari al 74%.

Questi settori sono particolarmente vulnerabili agli elevati costi dell'energia in Italia poiché combinano un'alta intensità energetica con una significativa esposizione alla competizione internazionale. Infatti, la disparità nei costi dell'energia rappresenta il principale fattore che potrebbe spingere queste aziende italiane a trasferire la produzione verso altri Paesi europei con costi più bassi.

Come riportato da Federchimica, è un’industria che pur puntando a ricorrere sempre più a fonti rinnovabili, è legata prevalentemente a quelle fossili, perché tali combustibili (petrolio e gas naturale) non sono solo una fonte energetica, ma anche una materia prima e la loro integrale sostituzione, sulla base delle tecnologie attuali, non è realizzabile.

Per questo motivo, la disponibilità a costi accessibili delle fonti fossili rappresenta oggi un fattore di competitività imprescindibile.

 

Ripensare l’approccio al consumo energetico

Un taglio del 20% del costo dell’energia può avere lo stesso effetto sull’utile di un incremento del 5% delle vendite. Lo sanno bene i 'big spender' dell'energia, che più di molti altri settori coniugano l’obiettivo della neutralità carbonica con la riduzione dei consumi energetici, di fatto ripensando l’approccio energetico in chiave strategica.

Ripensare l’approccio di questi settori al consumo energetico, infatti, diventa ancora più urgente negli ultimi anni, a fronte del dibattito sulla sostenibilità che li vede coinvolti. La crescente consapevolezza ambientale ha spinto questo comparto a ricercare soluzioni innovative in grado di inserire l’utilizzo delle energie rinnovabili in un nuovo paradigma energetico. Ecco, quindi, che l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale non viene perseguito solo con l’utilizzo delle rinnovabili, con la ricerca di materiali innovativi e l’adozione di tecnologie avanzate e pratiche di economia circolare, ma si estende anche alla generazione di energia onsite e a soluzioni che aumentano l’efficienza dei processi produttivi con l’abbattimento dei costi energetici.

Dunque solare fotovoltaico, ma non solo: sistemi di cogenerazione, monitoraggio dei consumi mediante l’intelligenza energetica e nuove tecnologie per l’efficientamento, come pompe di calore, sistemi di illuminazione a led e sistemi di recupero dell’energia termica, che consentono di decarbonizzare, ridurre le spese e aumentare l’indipendenza dalla rete.

Ecco come Chimica, Farmaceutica e Plastica hanno ridotto i costi energetici

Sono numerosi gli esempi di aziende italiane appartenenti al settore chimico, farmaceutico e plastico che sono riuscite ad abbattere i costi energetici, aumentando la propria competitività sul mercato.

 

Trendcolor

Trendcolor è un'importante azienda produttrice di cosmetici, che negli ultimi anni ha registrato una crescita vertiginosa, passando in cinque anni da un fatturato di 800.000 a 12.000.000 di euro. 

Quando ha ampliato il proprio stabilimento produttivo di Cesate, vicino Milano, ha deciso di cogliere l’opportunità di rafforzare le proprie credenziali ambientali, installando sui 1.800 metri quadrati del tetto del nuovo capannone un impianto solare fotovoltaico composto da 1.122 moduli. L’impianto, realizzato "chiavi in mano" da Centrica Business Solutions, soddisfa l'intero fabbisogno elettrico del sito. In questo modo l’azienda ha ridotto i propri costi energetici di 50.000 euro l'anno e le proprie emissioni di 190 tonnellate. 

Hubergroup

Hubergroup, uno dei maggiori specialisti internazionali nel settore degli inchiostri da stampa, si è dotato di un impianto di trigenerazione hydrogen-ready da 1 MW in modalità finanziata per soddisfare la necessità di energia elettrica, termica e frigorifera del sito di Bolzano Vicentino (VI). 

Grazie alla trigenerazione, l’azienda riesce a coniugare i propri obiettivi economici e ambientali, perché l’impianto soddisfa buona parte del fabbisogno energetico aziendale, garantisce un risparmio netto annuo sui costi del 22% e consente la riduzione delle emissioni prodotte di 420 tonnellate di CO2 l’anno

LAR

LAR, leader nel settore della trasformazione delle resine termoplastiche, beneficia di un impianto di trigenerazione - completamente finanziato da Centrica Business Solutions - che produce il 46% dell’energia elettrica funzionale alle 58 linee di produzione dell’azienda attive 24 ore su 24, il 55% dell’energia frigorifera, utilizzata per il raffreddamento degli stampi e oltre il 90% del fabbisogno termico di cui necessita l’impianto. Oltre ai notevoli risparmi economici, la realizzazione ha effetti spiccatamente positivi anche dal punto di vista ambientale e di immagine per il brand LAR, grazie ad un risparmio di oltre il 20% delle emissioni in atmosfera di CO2 rispetto alla tradizionale produzione energetica separata pre-intervento.

SIFI

SIFI, fiore all’occhiello italiano del settore biomedicale, a seguito di un accurato studio dei propri consumi energetici, ha deciso di dotare il sito di un cogeneratore in modalità completamente finanziata, per la contemporanea produzione di energia elettrica e di calore, entrambi utilizzati per coprire le esigenze dei cicli produttivi e dello stabilimento in generale. 

L’impianto da 975 kW elettrici soddisfa la domanda energetica richiesta, in una quota del 70% circa del consumo elettrico e del 90% del consumo termico. Oltre a consentire un sostanziale risparmio economico per la società stessa, vi sono effetti positivi anche dal punto di vista sociale e ambientale: la cogenerazione determina, infatti, un risparmio delle quantità di materie prime rispetto alla convenzionale produzione separata di energia elettrica e calore con conseguente diminuzione anche delle relative emissioni in atmosfera. Con l’inserimento del nuovo gruppo di cogenerazione, inoltre, lo stabilimento può contare su una maggiore continuità di servizio anche in caso di mancanza di tensione della rete pubblica tramite la marcia in isola dell’unità di cogenerazione.

Se la tua azienda richiede ingenti consumi di energia elettrica, termica e/o frigorifera e desideri avviare un nuovo progetto energetico, contatta i nostri esperti per capire qual è la soluzione di efficienza energetica più adatta.

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