'Chi inquina paga': cosa prevede il sistema di scambio delle quote di emissioni ETS
Il monitoraggio e la rendicontazione del consumo energetico e della produzione di emissioni di CO2 negli ultimi anni stanno diventando una priorità per molte aziende. Si tratta dei primi passi necessari per esplorare la strada per ridurre le emissioni, ottenere risparmi energetici e identificare le aree che necessitano di investimenti.
Dall’indagine ‘Come affrontare i rischi lungo il percorso per il Net Zero’ condotta da Centrica Business Solutions nell’estate del 2023, è emerso che il 63% delle aziende italiane teme l’inasprimento delle normative che regolamentano le emissioni Scope 1 e 2, percentuale che scende al 37% quando si tratta delle emissioni Scope 3, che prendono in considerazione tutte quelle della value chain.
Con l’inasprimento del contesto normativo, tuttavia, si prevede che nei prossimi anni sempre più aziende dovranno iniziare a monitorare e rendicontare tutte le emissioni, comprese le Scope 3.
Il protocollo GHG (Greenhouse Gas), il quadro normativo globale completo per la contabilizzazione e la rendicontazione delle emissioni di gas a effetto serra (GHG), ha stabilito un inventario di emissioni in cui le emissioni GHG vengono classificate in modo da delineare le fonti di emissione dirette e indirette.
Lo strumento di riferimento che regola la quantificazione e la rendicontazione delle emissioni è il sistema di scambio delle emissioni ETS (Emission Trading System) dell’Unione Europea, ovvero un programma introdotto nel 2005 e parte del "Pacchetto Fit for 55", finalizzato a ridurre le emissioni di CO2 delle 11.000 centrali elettriche e fabbriche che operano all’interno dei confini dell’Unione.
L’ETS segue il principio del "chi inquina paga": le aziende devono chiedere un permesso e comprare quote di emissioni per ogni tonnellata di CO2 emessa. Le quote vengono acquistate attraverso delle aste e il loro prezzo segue le regole della domanda e dell’offerta. Quando il sistema è stato istituito sono state previste una serie di quote gratuite per le industrie, al fine di evitare la migrazione della produzione al di fuori dell’Unione Europea, in paesi con un contesto normativo meno severo sulla produzione di emissioni.
Tuttavia, nel dicembre del 2022 l’ETS è stato riformato al fine di assicurarsi di raggiungere l’obiettivo di Net Zero entro il 2050 e ridurre del 62% le emissioni industriali entro il 2030, previste dal Green Deal europeo. Tra le principali misure contenute nella riforma vi è la riduzione graduale delle quote gratuite, a favore di un meccanismo che prevede l’applicazione di un prezzo basato sulle emissioni alle merci importate, come se fossero state prodotte all’interno dell’Unione Europea, al fine di impedire alle aziende di aggirare le regole sulle emissioni di CO2.
La riforma, inoltre, include nuovi settori, come quello del trasporto marittimo, ed istituisce il sistema ETS II, separato da quello esistente e riservato alle emissioni degli edifici commerciali e del trasporto su strada, che entrerà in vigore a partire dal 2027. In questo modo, sempre più passaggi della value chain di un prodotto verranno inclusi nel sistema e le aziende dovranno tener conto di diverse fonti delle emissioni. Inoltre, secondo la riforma tutti i proventi dell’ETS dovranno essere utilizzati esclusivamente per attività legate al clima.
Il rischio del prezzo delle emissioni mette sempre più sotto pressione le aziende, comprimendo, di fatto, i margini di profitto, basti pensare che all’inizio del 2023 il costo delle emissioni ha superato per la prima volta i 100€/t, costringendo le imprese a riflettere seriamente sulle strategie di riduzione delle emissioni. La maggior parte delle aziende, in particolare quelle energivore e di grandi dimensioni, sta considerando la rendicontazione e la conformità delle emissioni Scope 1 e 2, il rispetto delle attuali normative e i rischi per future regolamentazioni. Mentre, le aziende che non ridurranno le proprie emissioni nel breve periodo dovranno affrontare costi molto elevati a causa del prezzo della CO2 e subiranno uno svantaggio competitivo perché non potranno offrire prodotti decarbonizzati.
La nuova Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD) dell’UE, ad esempio, rende già obbligatorio per alcune aziende fornire informazioni dettagliate sulle emissioni di CO2 lungo tutta la value chain. La mancata conformità alla CSRD potrebbe costare alle imprese fino al 5% del proprio fatturato annuo.
Al di là dei requisiti richiesti, la raccolta dei dati e la creazione di report trasparenti possono evidenziare le inefficienze nell’uso dell’energia e i punti critici delle emissioni, che, una volta identificati, possono essere affrontati in modo molto più rapido ed efficace.
Agire adesso, preparandosi ai cambiamenti normativi e aggiornandosi sulla tecnologia, rappresenta la chiave per risultare conformi e non esporsi a costi delle emissioni più elevati. Contatta il nostro team di esperti per sapere come affrontare le nuove normative, il costo delle emissioni e le difficoltà di finanziamento per raggiungere il Net Zero.
Nicola Miola
Nicola Miola è General Manager di Centrica Business Solutions Italia. La lunga esperienza nel settore energetico gli ha consentito di acquisire ottime conoscenze del mercato e competenze professionali in Sistemi Energetici Distribuiti e in sistemi "smart grid", in particolare nei settori della cogenerazione, della trigenerazione e delle energie rinnovabili.
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