Il 2050 sembra una data ancora lontana, ma forse non lo è così tanto. Per questo, l'Unione Europea ha fissato dei nuovi obiettivi.
Grande è il fermento sull’anno che si è appena concluso e sulle tendenze per il 2024. Un dato è certo e riguarda il 2050: una data che tutti ormai associano al Net Zero, in quanto è l’obiettivo fissato dall’Unione Europea per azzerare le emissioni di CO2 prodotte dall’economia dei paesi membri. Un obiettivo che tocca in primo luogo il comparto energetico, il suo paradigma produttivo e anche la vita di imprese e cittadini. Altrettanto vivo è il dibattito sui costi per un simile cambio di paradigma, quando invece la transizione ecologica dovrebbe significare un saldo attivo tra investimenti e risparmi.
L’obiettivo finale del Net Zero è quello di contribuire a limitare a 1,5° C l’aumento delle temperature globali rispetto all’era preindustriale. Prepararsi a questa data significa costruire una visione che, prima ancora di essere attuata, si deve misurare con una comprensione del tempo restante. Molti, infatti, pensano che il 2050 sia ancora lontano e che ci sia tempo per adottare tutte le misure richieste al raggiungimento del traguardo.
Ma è davvero così? Cosa ci dicono alcuni dati sul processo di transizione? Intanto, l’Unione Europea si è premurata di emanare una nuova serie di obiettivi al 2040.
Qualunque sia l’opinione che si ha della transazione ecologica, la strada di molti governi è tracciata. È dunque bene capire dove siamo arrivati ora e quanta strada occorre ancora fare, in quanto vincoli più stringenti dovrebbero rappresentare un acceleratore dell’innovazione, non un freno.
Nel vedere a che punto siamo con la transizione ecologica, dobbiamo prima di tutto considerare che, insieme ai suoi obiettivi, è certamente una forte spinta all’innovazione. Basti guardare al crescente numero dei brevetti degli ultimi dieci anni soprattutto nel campo energetico. E l’innovazione è da sempre una forte spinta al cambiamento.
Partiamo dalla situazione nel mondo e da un dato che fa riflettere per capire la “temperatura” della transizione ecologica. Secondo il Fondo Monetario Internazionale, se si vuole raggiungere l’obiettivo del Net Zero sono necessari investimenti pari a 2 trilioni di dollari entro il 2030 nei soli paesi in via di sviluppo, la maggior parte nel settore della produzione di energia. Un impegno enorme che richiede volontà politica ed economica.
A fronte di questo dato, il World Energy Outlook della IEA, ci avverte che la temperatura terrestre è già cresciuta di 1,2° C dall’era preindustriale. Lo sforzo dovrà essere di tutti di fronte ad una situazione che appare complicarsi sempre di più. Eppure, una buona notizia arriva dagli investimenti in energia pulita che, sempre secondo l’Outlook della IEA del 2023, dal 2020 sono aumentati del 40%. Segno probabile che la transizione, grazie alla spinta dell’innovazione, genera investimenti in nuove tecnologie pulite quando è anche conveniente.
L’Italia ha adottato il Piano di Transizione Ecologica, un quadro concettuale che guida gli interventi su queste materie caratterizzato da un atteggiamento prudente teso ad evitare di penalizzare consistenti settori del mercato. Secondo l’Outlook della IEA, il nostro paese è risultato ai primi posti in Europa per investimenti nelle rinnovabili. Inoltre, al momento sono stati avviati diversi progetti pilota per la riduzione di CO2 nei processi di produzione di energia, che dovrebbero portare alla nascita dell’idrogeno blu.
Tuttavia, una ricerca della società di consulenza Bain & Company rivela che l’attuale traiettoria del paese indica che l'Italia mancherà gli obiettivi. Un orizzonte pericoloso che ignora i danni all’economia e all’agricoltura che potrebbero generarsi con l’innalzamento delle temperature e le conseguenze sugli eventi climatici locali, sempre più frequenti nella nostra penisola.
Anche l’Unione Europea è consapevole di un probabile mancato raggiungimento degli obiettivi 2030 e 2050 ed è forse per questo motivo che ha recentemente reagito.
Sarà forse questo scenario ad aver spinto la Commissione Europea a fissare nuovi obiettivi per il 2040. Certamente non è solo questa la ragione, nonostante la BCE stimi che i cambiamenti climatici abbiano causato, solo nel 2019, una perdita dell’1% del PIL nell’eurozona. I nuovi obiettivi stabiliti a inizio febbraio nascono anche dalla necessità pratica di implementare un sistema di rendicontazione (chiamato global stocktake) dei progressi ottenuti da ogni singolo paese aderente agli accordi di Parigi.
Cosa stabiliscono i nuovi obiettivi? Il testo della commissione prevede tre scenari:
Il 6 febbraio 2024, la Commissione ha deciso di indicare a tutti la via più impegnativa, stabilendo l’obiettivo di tagliare del 90% le emissioni di CO2 al 2040 rispetto al 1990.
Al di là delle ragioni formali ed economiche per fissare in questo momento dei nuovi obiettivi, c’è anche una motivazione politica. A giugno, i paesi dell'Unione Europea andranno al voto per rinnovare il Parlamento e, di conseguenza, gli organi esecutivi. Tutto fa pensare che l’attuale Commissione abbia voluto rimarcare la via, ormai tracciata, lasciando un lascito politico molto forte ai successori, chiunque essi saranno.
C’è poi il rapporto dell’ottobre 2023 dove la Commissione si pronuncia sull’effetto cumulato delle politiche dei 27 paesi membri in cui si prevede che la riduzione delle emissioni si fermerà al 51% nel 2030 (contro il 55% fissato come target). Sicuramente una spinta a ridefinire la traiettoria.
Nello stesso rapporto viene indicato, inoltre, che nel 2040 rinnovabili e nucleare dovranno coprire il 90% dell’elettricità europea. Un’affermazione che a molti è sembrata più una raccomandazione che un obbligo, nonostante i già buoni dati di penetrazione dei sistemi di produzione di energia rinnovabile. Viene inoltre indicato il ricorso a tecniche di rimozione della CO2 o carbon removal. Su questo argomento, che abbiamo recentemente trattato, si evidenzia come uno degli sforzi ultimi di questa tecnologia fosse quello di produrre idrogeno blu attraverso un procedimento a ridotto impatto ambientale.
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Christian Stella
Christian Stella è un leader nel mercato dell'energia distribuita, dell'efficienza energetica e delle energie rinnovabili, con oltre 15 anni di esperienza nell'aiutare le aziende a creare e implementare strategie e soluzioni energetiche innovative. Christian è Managing Director di Centrica Business Solutions Italia dal 2010.
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